domenica 4 luglio 2010

Il Nome del Vento: Recensione (?)

Ed eccoci qui. Ho finito pochi giorni fa di leggere il libro.
Dal mio ultimo post sull'argomento, alla fine del libro mancava davvero poco e non mi aspettavo che anche le ultime pagine proponessero contenuti così interessanti. Ad ogni modo si tratta di tirare le somme.
Questo libro è: personale (quasi intimo), videoludico e interattivo, sentimentale, denso, intricato e coerente, incentrato sulla narrazione, artistico, multistrato in lungo e in largo.
Il suo Autore è probabilmente il primo esemplare della mia generazione, colto e impacciato (nerd?), lento ma inesorabile, contraddittorio.
La mia recensione (bhò non sapevo come riferirmi a questo scritto) è di parte: c'è troppa affinità tra me e Rothfuss tanto che questo verrà catalogato come un libro "fuori categoria" per me. Posso però concordare con The Onion A.V. Club nel dire che va posto vicino a "Il Signore degli Anelli" nella vostra libreria. Rimane che con questo libro ho avuto una relazione atipica rispetto a tutti gli altri libri che ho letto anche per altri motivi.
Vi invito, ovviamente, a (ri)leggervi anche gli altri post sull'argomento per avere una visione più ampia di questa mia ennesima fantastica avventura.

Un Tomo che pesa
(storia di una relazione atipica)

La maggior parte dei libri che mi sono piaciuti li ho letti tutti d'un fiato, senza difficoltà. Ne ero coinvolto che tutto il mio tempo libero (come sovente avviene ai fanciulli) era dedicato al libro. Una passione. Nè più nè meno. Anche i videogiochi passavano in seconodo piano (tra l'altro ho anche avuto un periodo senza videogiochi). Se il libro mi appassionava diventava automaticamente il perno della mia giornata e tutto il resto veniva organizzato (o evitato) per permettere la lettura ingorda e scellerata del tomo.
Il Nome del Vento, entrerebbe a buon titolo in questa categoria di libri appassionanti non fosse che non sono più un fanciullo e ho altri oneri, quali l'andare a lavorare e al corso di tedesco eccetera. Senza voler star a ricordarvi nuovamente i miei molteplici impegni aggiungerò solo che il Tomo è troppo grande per essere portato comodamente nella borsa dove già ci sono il pranzo, la cena, i libri e il vocabolario di tedesco, quindi spesso mi aspettava a casa e nei periodi più impegnati ho dovuto frammentare la lettura (magari per una settimana non lo toccavo neanche).
Inoltre questo è stato il primo libro annotato su Anobii! Ci tenevo a tenere traccia di quanto leggevo ed è stata una faticatccia di cui non mi pento, fermarsi a riflettere sul libro perchè devi scriverne ti costringe a notare dei dettagli, a porti delle domande. L'ho trovata una cosa interessante per quanto artificiosa, perchè comunque spezza il ritmo della lettura.
Infine man mano che leggevo dovevo far i conti con il mio riconoscermi nel libro che si scontrava con la pretesa di obbiettività che mi ero prefEsso all'inizio.
Insomma dall'inizio alla fine il mio rapporto con questo libro è stato molto particolare: trovato per caso (era destino?), letto a balzelli e finito anche se non concluso.

C'era una volta un re, seduto sul sofà...
Come molti dei miei pochi libri preferiti anche questo ha diversi livelli di lettura (La bussola d'oro docet), basta saperli cogliere.
Anzi questo libro è forse il più articolato sotto questo punto di vista (
multistrato in lungo e in largo). Ci sono livelli narrativi e livelli tematici, mi sembra non ce ne siano di stilistici ma l'ho letto a balzelli quindi potrebbero essermi sfuggiti, di sicuro il ritmo della narrazione cambia tra la prima e la seconda parte...
Per capirci, innanzitutto dal punto di vista narrativo è come leggere una matrioska. Le storie si annidano una dentro l'altra e accade tutto così naturalmente che il lettore dimentica di tener traccia del "livello" in cui si trova ora. Per citare degli antecedenti storici: La Storia Infinita, Il Decamerone, Le mille è una notte... Ma Rothfuss lo fa, a mio parere, meglio. Le sue matrioske non spezzano il racconto ma gli regalano paradossalmente organicità. Laddove ne "Il Decamerone" le storie raccontate sono come delle gemme esposte, ognuna nella loro teca, in una gioielleria, ne "Il Nome del Vento" le storie raccontate sono come i vetri di un mosaico, colorati e affascinanti di per sè ma che acquistano un senso ulteriore quando visti tutti assieme.

Cantami o diva...
E questi sono solo gli strati in largo... in lungo ci innalziamo a livelli tematici che abbandonano la storia del protagonista e vanno a parlare di arte in generale ma soprattutto e più profondamente dell'Arte di Raccontare Storie.
Mette a nudo i trucchi del narratore e poi ne fa uso lui stesso nel libro, anche contraddicendosi e mostrando un nuovo modo di narrare... ecco questa è un altro suo carattere che mi sento di condividere, Rothfuss sa di stare facendo una cosa che in moltissimi hanno fatto prima di lui, scrivere un racconto, e che per forza di cose lui è costretto a farlo ripercorrendo uno dei binari tracciati da uno dei suoi predecessori. Proprio quando il lettore ha capito la tecnica e si rende conto della strategia narrativa usata (avete presente la passeggiata di Lisa Simpson negli studios di Itchy & Scratchy?)... Rothfuss la stravolge (bhè, magari non sempre).
Quando Rothfuss interpreta Kvothe (il Kvothe che narra) prende sempre in giro i topoi (si dirà così?) dei racconta storia e l'ingenuità del pubblico che si lascia guidare dal bardo/imbonitore di turno. Tratta per tutto il libro (hehe bello il finale con Chronicler e Bast) la tensione che c'è nel Racconto tra l'attinenza al fatto reale, l'appeal che deve suscitare nell'usufruitore (pag. 303) e la capacità di "informare" (nel senso di dare forma al mondo reale), e qui noto la sua formazione psicologica.
Mi tengo sul generale parlando di Racconto e Narrazione, perchè le osservazioni di Rothfuss si possono applicare ad ogni tipo di arte, dalla scrittura alla recitazione...
(artistico)
E lui ne ha per tutte.
Spiega la differenza tra poesia e musica con arguzia ("Ricordati questo, figliolo, anche se dimenticherai tutto il resto. Un poeta è un musicista che non sa cantare. Le parole devono prima trovare il cervello di una persona prima di raggiungere il suo cuore, e le menti di alcuni uomini sono dei bersagli tristemente piccoli. La musica invece raggiunge i cuori, non importa quanto piccola o ostinatamente idiota sia la loro mente." pag 103)(per quanto si possa ancora obiettare).
Del teatro Kvothe ripropone la sensazione irreprimibile e irripetibile di quando un attore sale sul palco e tutto d'un tratto diventa il personaggio, gli basta avere il pubblico davanti e sa cosa fare e come deve farlo. Maledizione mi è sfuggita la pagina dove c'è questo pezzo, stavo leggendo tutto d'un fiato quindi se chi leggerà il libro dopo di me...
E poi la musica... che magia è il capitolo dedicato all'esordio di Kvothe come musicista in "A place to burn" (capitolo 54)?
Al di là dei suoi riferimenti espliciti alle arti, Rothfuss esprime le sue idee sulla narrazione anche e soprattutto narrando (incentrato sulla Narrazione). Mostra il "come" ancora più di quanto non spieghi il "cosa". Per esempio, sebbene non manchino i colpi di scena o i cambi di registro inaspettati il nostro non si fa scrupoli a spoilerare eventi che devono ancora accadare. La sua sfida sta nell'interressare il lettore nel come il narra e non con cosa narra.

Lo stile nella stilo
E arriviamo a parlare di come è scritto il libro. Rothfuss sfrutta ogni singola riga (denso), il Tomo vanta 661 pagine e non ho alcun memoria di un paragrafo che fosse un passaggio di collegamento o un mero riempitivo, ogni brano ha una dignità propria anche se estrapolato dal contesto. Trovare un unità di misura (capitolo, brano) è difficile ma diciamo che ogni unità narrativa ha il suo perchè. E anche a livello ancor più microscopico ogni riga descrive, ogni parola è messa al posto giusto ed ha una sua ragione di trovarsi lì. E quando non ci sono le parole adatte? Le inventa, attribuendole a linguaggi del mondo in cui è ambientata la storia (Staaate bboooniii, alla fine ci arriviamo al confronto con Tolkien...).
Questo aspetto del libro però, non è dovuto solo all'abilità di Rothfuss, ma anche all'enorme tempo di gestazione (lento ma inesorabile). Come lo stess autore riporta nelle dediche il padre gli ha insegnato di prendersi tutto il tempo per fare quello che vuole fare, purchè lo faccia per bene. Quindi a forza di revisionare lo scritto è ovvio che il testo ne esca ottimizzato.
La descrizione "collaterale" del mondo avviene spesso, come abbiamo visto, tramite l'inserimento di altri racconti, il mondo in cui si muove Kvothe ha senza dubbio uno spessore e una profondità come se ne sono visti in pochi altri fantasy. Ma a differenza di altri fantasy l'atmosfera, i suoni e gli odori non ci arrivano da un riverbero di sentimenti epici e altisonanti, ci arrivano proprio nel modo umile e pragmatico in cui un abitante di quel mondo imparerebbe culture e tradizioni abitandovi (intricato e coerente). Sebbene si trattino argomenti epici (il sacrificio di dio? :) ) sono sempre filtrati da un medium molto terra terra, come appunto i cantastorie nelle osterie, i viaggiatori ambulanti ecc.
Se vogliamo eccoci al paragone co: "Il Signore degli Anelli". Tolkien ha inventato una lingua fantasy curandone grammatica e dizione, non so se si può dire lo stesso di Rothfuss, ma Rothfuss fa un uso di queste lingue più verace. Le lingue del signore degli anelli erano morte come il latino, ne "Il Nome del Vento" sono vive, si mischiano con le altre e sebbene il lettore non ne capisca i termini capisce tutto ciò che le riguarda, i giochi di parole che se ne possono trarre, i significati strani che la stessa parola puà avere in lingue diverse. Insomma non so se ci sia una gramamtica ma la lingua ha tutti i corollari di una lingua vera. Rothfuss gioca con le parole, non solo quelle inventate, ma anche con slang e dialetti, e mi chiedo veramente come saranno tradotte in Italiano alcune di queste pagine...
La geografia, sebbene ci sia un mappa non ci sono in Rothfuss i paesaggi descritti da Tolkien, che per me è pure meglio dato che dopo un po' mi perdevo dietro quelle descrizione un po' come davanti il portone del monastero de "Il Nome della Rosa" (l'eco di Eco nel libro annunciato a fondopagina!).
Il retroterra epico/religioso ecc... ne abbiamo già discusso, aggiungerei che per quanto riguarda le arti... Tolkien descrive i canti degli elfi e ne trasmette la bellezza. Rothfuss, c'è poco da fare, te li fa sentire. Senza nulla togliere a Tolkien, qui si tratta di scelte più che di abilità narrativa, Rothfuss dedica un intero capitolo ad una performance musicale è ovvio che debba dare qualcosa in più.
Fine del paragone (immancabile) con il Signore degli Anelli.
Tornando allo stile, sottolinerei ancora una volta come siano molto veraci e terranee le vicissitudini di Kvothe. Sebbene ci siano i momenti magici o sovrannaturali la vita di Kvothe ha a che fare con la necessità di comprarsi i vestiti, e sebbene sappiamo che il nostro eroe compirà gesta leggendarie (contraddittorio), nel primo tomo l'unica vera avventura (e io lo stimo molto per questo) non ha nulla di esotericom è una delle avventure che proporrei io stesso ai miei giocatori se masterizzassi una partita ad un gioco di ruolo (purtroppo non ho annotato queste pagine perchè correvo troppo nella lettura.
Le "scene" d'azione devo dire mi sono piaciute molto. Rothfuss prepara il setting, descrive le abilità dei personaggi e poi inizia a descrivere l'azione in un modo che ricorda molto un videogioco punta-e-clicca o un puzzle game, nel descrivere quello che Kvothe sta facendo evita di mostrare quale sia il suo obiettivo finale, e se siete videogiocatori vi ritroverete a cercare di capire cosa potrebbe fare questa volta Kvothe con un pezzo di legno, un filo di cotone e/o come potrebbe sfruttare gli elementi dello scenario (videoludico e interattivo)e ovviamente le sue abilità, descritte con dovizia(gli Alar!). Badate bene non si tratta di una cosa alla Mc Gyver, questo è level design bello e buono!!

Renzo & Lucia nella spensierata via delle Arance.
Bene ho speso qualche riga sullo stile, ma questo non significa che manchino i contenuti.
A parte l'avvenuturosa avventura di cui sopra, Kvothe affronta i due elementi chiave della vita di un uomo e Amore e Morte (sentimentale).
Ancora una volta torna alla ribalta l'anima nerd di Rothfuss... La descrizione dei sentimenti di Kvothe per la sua bella e il loro approcciare è incredibilmente calzante con quelle che sono state le mie esperienze. Credo si possa dire che tutti abbiano fatto delle esperienze del genere con una ragazza che gli piaceva, ma di rado se ne parla nei libri.
Kvothe, socialmente abilissimo, ha paura di parlare troppo di fronte a lei. Non riesco nemmeno io a spiegarlo come ha fatto Rothfuss. Il punto è che quando una ragazza ti piace hai il terrore di infastidirla e però allo stesso tempo se non la infastidisci ("je devi da rompe er cazzo!") perderà interesse in te. Il sottile equilibrio del corteggiamento. Di cui tutte le donen vanno pezze. E che io odio quasi quanto l'andare a comprare dei vestiti!!! Meglio quindi che non mi esprima, sia solo detto che Rothfuss/Kvothe ne parla.
Descrive il suo amore come Dante descrive Dio. Cioè si incazza perchè non riesce a descriverlo ;)
Infine a pag 651 c'è la rivalutazione della regola dell'amico. A chi non è successo?
Per quanto riguarda la Morte, non dirò molto perchè non mi va, ma la storia delle 3 porte della mente, ne ho perso traccia e non mi sono annotato la pagina. Se qualcuno può sopperire...
Dirò solo che la prospettiva interiore di come Kvothe vive gli avvenimenti è originale e interessante (perdonatemi, questo succede nella prima parte del libro... ed è stato tanto tempo fa...)


Varie ed eventuali
Non ci sono tantissimi personaggi, forse ci sono anche degli stereotipi... eppure mi scappa di fare dei nomi per chi leggerà in futuro il libro, in modo che una volta finito(lo) possano confermare che anche alcuni comprimari rimangono impressi.
Elodin (vabbè... è u mito)
Auri
Il Pastore
Trapis

Patrick Rothfuss
A quanto ne so ha studiato psicologia clinica e fa uso nel suo libro di quanto appreso, non che fosse il mio indirizzo preferito ma l'ho studiata anche io.
Ne capisce anche di teatro e di spettacolo, è indubbio, basta leggere il libro. Io magari non ne capisco un piffero ma ho fatto teatro per una decina (scarsa) d'anni.
Dice che la dove è cresiuto lui non arrivava il segnale della TV quindi è cresciuto leggendo libri e giocando con i videogiochi. Qui lo frego, io in più ho avuto i cartoni animati giapponesi e sono sicuro sarebbero piaciuti pure a lui.
Spiega una cosa e poi ne fa un'altra (contraddittorio). Riesce a contraddirsi con coerenza.
Quello che io considero il mio pensiero più "alto" è: "la vita è contraddizione" (chissà un giorno riuscirò a spiegarmi su questo blog).
Odia fare le cose come le si sono sempre fatte anche se è il modo migliore per farlo. Io nel modo più assoluto.

Naturalmente tutto ciò potrebbe essere solo una mia allucinazione.


L'Università non è Hogwarts
Un piccolo commento in calce. Ho letto che qualcuno lo ha confrontato con Harry Potter.
A dire il vero c'è un singolo episodio che mi ha ricordato qualcosa di Harry Potter. Quando Kvothe viene processato ai Corni, mi ha ricordato molto Silente che difende Harry al tribunale dei maghi.
Per il resto non c'entra niente!!! Vi prego non date retta a queste voci perchè commettereste due torti: uno verso Rothfuss l'altro verso la Rowling. L'Università di Kvothe non ha nulla a che vedere con il "personaggio" Hogwarts. Sarebbe un po' come paragonare un'auto ad un motoscafo solo perchì hanno entrambi il volante. Certo sulla carta d'identità sono entrambi due posti dove si studia magia ma letterariamente non c'entrano nulla l'una con l'altra.

Conclusioni (si fa per dire)
Bene, mi pare di aver detto tutto. Tutto quello che ho ricordato.
Spero che i prossimi lettori del libro possano integrare e aggiungere.
Spero anche che riescano a seguire i miei voli pindarici su questo post e i suoi link.

PS: il libro che leggo ora si intitola: "I mondi di Super Mario" un saggio su nintendo che tratta anche la narrazione nel medium "videogioco", non l'ho scelto di proposito ma casca a pennello!
PPS: no non ho riletto il post segnalatemi eventuali orrori.

10 commenti:

  1. Hai scritto orrori al posto di errori! :-P Che simpatia coinvolgente... senti, ma io credo proprio che prima di continuare a leggere il post debba cominciare a leggere il libro. Anche se non mi sembra ci siano grossi spoiler... vado avanti?

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  2. RISPOSTA PROLISSA:
    Mia gentilerrima lettrice,
    Prologo ed epilogo sono solo dei punti di vista.
    Quello che potresti usare per riassumere e tirare le somme qualcun altro potrebbe usarlo come linee guida o chiavi di lettura.
    Ad esempio bambini allievi e apprendisti vengono prima indirizzati e solo dopo lasciati liberi di libertare di testa loro.
    Tu non mi sembri tanto a digiuno di libri e d'altra parte, io non ho mai letto una prefazione ma sempre le postfazioni quindi anche se ci vorrà un bel po' prima che possiamo tornare ad argomentare su questo libro, ti direi di leggerti prima il libro, solo che non capisco come hai fatto a fare la battuta sull'ultima riga del post (il PS!!!)senza averlo ancora letto?

    Leggiti prima il libro, un giudizio quanto più possibile neutro mi serve per bilanciare il mio entusiasmo partigiano.

    Spero che tu possa dopo ricordarmi quei passaggi e aspetti che nonostante la prolissità non sono riuscito a trattare qui.
    Se poi mi gira bene quando ne parleremo ti potrei addirittura rivelare un segreto.

    RISPOSTA BREVE
    Leggiti subito il libro non perder tempo con i suoi riflessi!

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  3. Ho fatto una lettura veloce tralasciando qua e là...

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  4. Per le quattro porte, sopperisco con questo link preso da anobii:
    http://www.anobii.com/note_book?itemId=017900b3151cf87d4b&pg=164

    Sul libro e su Rothfuss, invece, potrai trovare alcuni post sul mio blog.

    La parte che citi su Denna e Kvothe che parlano col porcaio in realtà è stata molto divertente da tradurre; più difficile è stato replicare il gioco di parole Borrorill-Barrowhill (Tumurcalle-Tumulcolle) e adattarlo a quel gergo.

    Ah, e Rothfuss dal vivo è proprio folle come sembra ;-)

    Un saluto,
    Darak

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  5. !!!
    cazz... un'altra occasione sprecata. Avrei potuto chiedere cosa c'è dopo la morte, la ricetta della salsa barbecue, quando uscirà il 3DS... invece per una volta che mi sono concesse risposte autorevoli direttamente dalla fonte...

    Al di là dello scherzo, questo commento mi ha reso gradevole una giornata durissima. Mi ha fatto molto piacere leggerti, sia qui che nelle note che mi hai postato (Sciocco io che non mi sono spizzato tutta l'edizione italiana su Anobii, grazie per aver rimediato).
    Ammetto poi che mi ha anche fatto piacere essere letto a mia volta, mai mi sarei aspettato che i miei sfoghi/sproloqui venissero letti da un'estraneo né tanto meno da te...
    Miracoli di Internet.
    A tal proposito permettimi di insignirti del titolo di primo sconosciuto che abbia mai commentato su questo blog.

    Non aggiungo i mille pensieri che mi sono venuti in mente dopo aver letto il tuo commento ma aspettati del "backtracking" non appena riconquisto il wochenende!

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  6. Finito di leggere i libro. Ora posto anche io. @Darak: ma la questione del gergo del porcaio, è modellato sull'originale?

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  7. Grazie per l'investitura di Primo Sconosciuto :D
    Per quanto riguarda tutte le domande che avresti potuto porre... non so, forse ti avrei deluso... o forse avrei risposto 42 ;)

    In effetti non è così strano che io sia giunto qui, dato che ogni tanto monitoro la rete per vedere se ci siano commenti, recensioni e quant'altro su "Il nome del vento" e altri libri da me tradotti.
    Da quanto ho potuto leggere sulla tua recensione, è un romanzo che su di te ha davvero lasciato un segno.
    Io posso dire lo stesso e in più di un senso, perché oltre a essere un libro stupendo è stato anche qualcosa che, se vogliamo, mi ha cambiato la vita, essendo il primo romanzo fantasy che ho tradotto. Tra l'altro è stato un banco di prova tutt'altro che semplice, soprattutto per via di giochi di parole, versi e insidie varie disseminate nel corso di tutta la narrazione.

    Vengo così alla domanda di Fedasile.
    Il gergo del porcaio riflette in modo piuttosto fedele l'originale, anche perché, non appena ho letto quel capitolo in inglese (dall'emblematico titolo di "Pegs", diventato in italiano "Meiali"), mi sono subito immaginato quelle frasi scritte in inglese volutamente storpiato come se fossero un dialetto burino ;D
    Quindi la prima cosa che ho fatto è stata tradurre il tutto normalmente, effettuare le modifiche che trasformavano Tumulcolle in Tumurcalle (molte l in r, molte o in a), e poi aggiungere tutte le altre che mi sembravano adatte, secondo uno schema preciso ma non troppo e facendo più che altro in modo che il tutto "suonasse" giusto.

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  8. Curioso, anche io ho pensato subito a qualcosa di burino...

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  9. Ho finito di leggere il libro, comincio col dirvi che mi e' piaciuto ed in quanto sono un genio della sgrammatica e vorrei esprimere le mie opinioni con calma, anche perche' molte vostre valutazioni mi sembrano un po' esagerate. Premetto che ci sono 2 punti che mi hanno fatto inorridire e che ho beccato diverse "citazioni" da altre opere, e non considero quelle bibliche o vangeliche che dir si voglia.

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  10. Mi e' piaciuto!
    Ho aperto con la prima considerazione che ho fatto, in quanto non vorrei sembrare troppo critico nel commentare un romanzo che nel suo complesso mi ha regalato una buona storia. Sono ancora perplesso su molte cose ma per correttezza voglio aspettare di leggere il seguito per poter fare una valutazione migliore quindi nella presente esposizione valutero' solo ed esclusivamente cio' che ho letto e cio' che sino ad ora e' ben definito.
    Non vorrei dilungarmi troppo parlando dei personaggi e dello spessore che gli stessi danno alla storia. Su questo punto preferirei avere un accesa discussione face to face con voi due per aver anche l'occasione di usare le mani ove ce ne sia bisogno. Comunque credo che ci sia troppo Kvothe e poco tutti gli altri, spero che nei prossimi libri vengano approfonditi un po' di piu'.
    I pregi del romanzo li avete gia' detti voi per la maggior parte e tendo a concordare su molti punti.
    Quindi passiamo alle note dolenti.

    Kvothe da' un appuntamento a Denna, il giorno dell'appuntamento va a fuoco il laboratorio e a causa di questo STRAORDINARIO evento non riesce a presentarsi in tempo, Denna lascia un biglietto con le direttive per potersi incontrare nuovamente, ma il biglietto viene trovato 2 giorni in ritardo rispetto all'ultima data presente sullo stesso, Kvothe sente CASUALMENTE una discussione su una strage ad una festa di nozze, fa' un logico collegamento sui Chandrian, chiede un prestito prende un cavallo e parte, ad un incrocio incontra CASUALMENTE un venditore ambulante che gli compra il cavallo in quanto il suo mulo ha una zampa rotta (o qualcosa del genere), in paese va' in una locanda dove viene a scoprire che CASUALMENTE l'unica sopravvissuta alla strage e' Denna. Ora tutte queste casualita' posso pure tollerarle ma se ci aggiungiamo anche che esattamente dove c'e' stato l'attacco dei Chandrian (evento leggendario), i due trovano un Drago (lo scrittore fa' di tutto per farci capire quanto e' incredibile l'evento), che fra le altre cose e' capitato CASUALMENTE proprio dove c'era una raffineria di droga e diventa dipendente dalla stessa, sinceramente mi sembra un pochino esagerato.

    Un altra cosa che non mi piace e' la scelta di anticipare gli eventi tra un capitolo e l'altro, come se lo scrittore avesse paura che il lettore smetta di leggere il libro e si senta in dovere di anticipare un evento forte che verra' nelle pagine successive.

    Molte altre cose avrei da dirvi ma me le tengo per il face to face sopratutto il confronto con la Hoob

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